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lunedì, gennaio 08, 2007

L'urlo di Munch

Sicuramente conoscerete quest'opera.
Lontano da me, ogni tentativo di incutere timore o sensi di paura o smarrimento.
E' chiaro che l'esistenza di questo mio blog, è anche quella di esternare le mie sensazioni, oltre che i miei pensieri.
Edvard Munch, nel suo diario scrisse: "Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto
sul fiordo nerazzurro e sulla città, c’erano sangue e lingue di fuoco.
I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura
e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura."
Non voglio paragonarmi a lui, ma posso senz'altro affermare che mentre mi trovavo in ospedale, per vedere mia madre, l'immagine di quel quadro, pervadeva e permaneva nella mia mente.
"Non si preoccupi, si rilassi. E' tutto sotto controllo. Sua madre è sveglia e vigile. Vada. Vada pure, almeno chiacchiera un po' ".
Queste, le parole di conforto o se volete, la "bugia del medico pietoso", che mi ha detto l'infermiera, mentre mi faceva indossare l'abbigliamento consono per potere entrare in un reparto di rianimazione/terapia intensiva.
Purtroppo, non sono ne una pietra, ne un robot, ne tantomeno "l'uomo bicentenario": mia madre, era li, sdraiata su un letto e coperta da lenzuola, coperte ed una coperta sintetica, che sembrava una foglia d'oro sottilissima.
"Collegata" a tantissimi tubi e tubicini e con le rispettive "borse della spesa".
Quando mi ha visto, ha subito detto: Ciao Simone. Come stai? Che mi racconti di bello?"
Di fronte a quel "panorama" ed a seguito di quella domanda, mi sono sentito spiazzato. Smarrito.
Poi, ho notato che una lacrima le cadeva giù, dall'occhio destro.
In quel momento, davanti agli occhi, vedevo il quadro di Munch. L'urlo.
Sentivo quell'urlo ed avrei voluto urlare anche io.
Come può, una madre, in quelle condizioni, preoccuparsi dei propri figli. Del proprio marito.
Mi ha rassicurato, dicendo che stava bene e che aveva tanto sonno.
Non avevo parole, così le ho semplicemente risposto a tono, dicendole che se il suo era un modo carino per chiedermi il permesso per addormentarsi in mia presenza, il permesso era accordato.
Non auguro a nessuno di vedere la propria madre o un familiare o un amico, in quelle condizioni.
Ho avuto la possibilità di "leggere" il suo ultimo sguardo, prima che si abbandonasse fra le braccia di Morfeo.
Volevo esplodere, ma non mi spiegavo il perchè.
Intanto ho dovuto covare, tutto dentro.
Anche queste, purtroppo, sono situazioni e maschere pirandelliane.
Poi, ad un tratto, sentivo un suono/musica, che conoscevo: mi ricordava il suono del videogame "Pinball". Chi non lo conosce, quel gioco?!?
Dentro quella sala grande, con tante persone "legate" ai vari macchinari, come mia madre, era pieno di suoni emessi dalle stesse.
Avevo la bocca asciutta e pensai che il mio cervello, era ormai intorpidito da tutto il contesto, ma... non mi sbagliavo!
Un coglione d'infermiere, dietro il bancone, giocava proprio a Pinball!!!
Per come ero conciato, tra càmice, cappellino, protezioni per le scarpe e mascherina, sembravo una sorta di babbo natale in verde. Si vedevano solo gli occhi, ma credo fosse sufficiente, per lanciare un sguardo all'infermiere!
Uno sguardo silente, ma più che eloquente!
Mentre andavo via, ho voluto richiamare alla mente, l'immagine dell'opera di Edvard Munch.
L'Urlo!

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